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Tacito
De oratoria,31
 
originale
 
[31] Hoc sibi illi veteres persuaserant, ad hoc efficiendum intellegebant opus esse, non ut in rhetorum scholis declamarent, nec ut fictis nec ullo modo ad veritatem accedentibus controversiis linguam modo et vocem exercerent, sed ut iis artibus pectus implerent, in quibus de bonis et malis, de honesto et turpi, de iusto et iniusto disputatur; haec enim est oratori subiecta ad dicendum materia. Nam in iudiciis fere de aequitate, in deliberationibus [de utilitate, in laudationibus] de honestate disserimus, ita [tamen] ut plerumque haec ipsa in vicem misceantur: de quibus copiose et varie et ornate nemo dicere potest, nisi qui cognovit naturam humanam et vim virtutum pravitatemque vitiorum et intellectum eorum, quae nec in virtutibus nec in vitiis numerantur. Ex his fontibus etiam illa profluunt, ut facilius iram iudicis vel instiget vel leniat, qui scit quid ira, promptius ad miserationem impellat, qui scit quid sit misericordia et quibus animi motibus concitetur. In his artibus exercitationibusque versatus orator, sive apud infestos sive apud cupidos sive apud invidentis sive apud tristis sive apud timentis dicendum habuerit, tenebit venas animorum, et prout cuiusque natura postulabit, adhibebit manum et temperabit orationem, parato omni instrumento et ad omnem usum reposito. sunt apud quos adstrictum et collectum et singula statim argumenta concludens dicendi genus plus fidei meretur: apud hos dedisse operam dialecticae proficiet. Alios fusa et aequalis et ex communibus ducta sensibus oratio magis delectat: ad hos permovendos mutuabimur a Peripateticis aptos et in omnem disputationem paratos iam locos. dabunt Academici pugnacitatem, Plato altitudinem, Xenophon iucunditatem; ne Epicuri quidem et Metrodori honestas quasdam exclamationes adsumere iisque, prout res poscit, uti alienum erit oratori. Neque enim sapientem informamus neque Stoicorum comitem, sed eum qui quasdam artis haurire, omnes libare debet. Ideoque et iuris civilis scientiam veteres oratores comprehendebant, et grammatica musica geometria imbuebantur. Incidunt enim causae, plurimae quidem ac paene omnes, quibus iuris notitia desideratur, pleraeque autem, in quibus haec quoque scientia requiritur.
 
traduzione
 
31. ?Di questo erano convinti gli antichi, e capivano che per raggiungere tale scopo occorreva non declamare nelle scuole dei retori n? esercitare solo la lingua e la voce in dibattiti immaginari e privi di rispondenza con la vita reale, ma saziare la mente con quelle discipline in cui si discute del bene e del male, dell'onesto e del turpe, del giusto e dell'ingiusto; perch? questa ? la materia in cui si deve misurare l'oratore nei suoi discorsi. Nei processi, infatti, trattiamo per lo pi? della giustizia, nelle sedi in cui si delibera trattiamo dell'utilit?, nelle occasioni in cui si pronunciano elogi trattiamo dell'onest?, anche se questi temi molto frequentemente si mescolano fra loro. E non ? possibile che uno possa parlare in modo pieno, articolato ed elegante, se non conosce fino in fondo la natura umana e la forza della virt? e il potere negativo dei vizi e se non sa comprendere le azioni non classificabili n? tra le virt?, n? tra i vizi. Dalle fonti di questo sapere sgorgano anche altri vantaggi: riesce pi? facilmente a eccitare o placare la collera del giudice chi sa cos'? l'ira, e lo pu? indurre pi? prontamente alla compassione chi sa cos'? la misericordia e da quali sentimenti viene suscitata. L'oratore bene addestrato da questi aspetti del sapere e dalla pratica, sia che si debba rivolgere a un pubblico di persone ostili o emotive o invidiose o malvage o pavide, sapr? sentire il loro polso e maneggiare e dar?, secondo la natura di ciascuno, il tono giusto al discorso, tenendo pronto a disposizione ogni strumento, predisposto per ogni evenienza. Per alcuni merita maggiore fiducia un tipo di oratoria concisa, serrata, capace di concentrare simultaneamente le singole argomentazioni: con costoro sar? utile maneggiare bene la dialettica. Altri si fanno prendere da un discorso fluente, senza scosse e regolato secondo i princ?pi del buon senso: per far colpo su costoro, prenderemo a prestito dai Peripatetici i temi adatti e gi? pronti per le varie dispute. Gli Accademici daranno il contributo della loro combattivit?, Platone metter? in campo la sublimit?, Senofonte il tono garbato; e non sar? neppure fuori posto per l'oratore desumere alcuni pungenti aforismi da Epicuro e da Metrodoro e applicarli secondo che il tema lo richieda. Non stiamo, infatti, delineando la figura del sapiente n? di un seguace degli Stoici, bens? quella di una persona che debba assimilare a fondo certe discipline e sfiorarle tutte. Ecco perch? gli oratori di un tempo avevano in pugno il sapere relativo al diritto civile, mentre ricevevano solo un'infarinatura di grammatica, musica e geometria. Si presentano infatti delle cause, anzi moltissime e si pu? dire tutte, in cui ? essenziale la conoscenza del diritto, ma ve ne sono spesso altre in cui si richiede una buona conoscenza anche di queste discipline.?
 

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